Syngenta lancia in Italia l’evoluzione del Good Growth Plan

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Nella giornata inaugurale della 4° edizione del Mantova Food&Science Festival, venerdì 2 ottobre,  Syngenta, partner ormai consolidato della manifestazione, ha organizzato l’evento “Agricoltura, sostenibilità e cambiamenti climatici: l’evoluzione del The Good Growth Plan” per presentare la seconda edizione del The Good Growth Plan, il piano di impegni sostenibili che impegnerà l’azienda da oggi fino al 2025.

“The Good Growth Plan è un percorso intrapreso nel 2013 per dimostrare come un’agricoltura efficiente e sostenibile possa esistere.”, ha affermato Riccardo Vanelli, Amministratore delegato di Syngenta Italia. “Per questo, in linea con i Sustainable Development Goals dell’ONU per il 2030, ci siamo dati degli obiettivi che abbiamo pienamente raggiunto e, in alcuni casi, superato.”

“Ma ora il contesto è diverso sia a livello ambientale sia sociale, con i cambiamenti climatici che presentano effetti sempre più impattanti sul terreno, mettendo a serio rischio il futuro degli agricoltori e di tutti noi. Quindi, con l’evoluzione del The Good Growth Plan vogliamo porci degli obiettivi ancora più ambiziosi per supportare gli agricoltori nell’affrontare le sfide sempre più grandi che si trovano di fronte. Per farlo, accelereremo ancora di più la nostra innovazione, convinti che questa sia l’unica strada per rispondere in maniera tempestiva alla necessità di sostenibilità in agricoltura. E questa idea, alla base dei nuovi impegni, si declinerà in quattro ambiti specifici: accelerare l’innovazione per gli agricoltori e l’ambiente, impegnarsi per un’agricoltura a zero emissioni di CO2, contribuire alla salute e alla sicurezza delle persone, stringere partnership per generare un impatto migliore” ha conclusoVanelli.

The Good Growth Plan: I progetti italiani


A livello italiano, il The Good Growth Plan si comporrà di alcuni progetti con forte vocazione locale, ma in grado di concorrere al raggiungimento degli obiettivi che l’azienda si è data a livello globale. Tra gli esempi presentati nel corso dell’incontro, un ruolo chiave è svolto sicuramente dalla genetica attraverso la quale, ad esempio nel settore delle orticole che vanta in Italia un heritage importantissimo, è possibile garantire non solo rese maggiori e di alta qualità con una migliore gestiore delle risorse, ma anche e soprattutto andare incontro alle rinnovate esigenze dei consumatori e della filiera in termini di shelf life, proprietà nutrizionali e attenzione agli sprechi.

Un altro esempio concreto e con già una discreta diffusione in Italia è il progetto Grape Quality Agreement, dedicato al settore vitivinicolo. GQA  è un programma che aiuta il produttore a coniugare produzioni di alta qualità con i requisiti sempre più stringenti del mercato in termini di tutela della salute, responsabilità sociale e sostenibilità ambientale attraverso la combinazione di difesa della biodiversità con il programma Operation Pollinator e la gestione razionale delle risorse idriche con Heliosec©.

Green Deal e Residuo Zero


Per contestualizzare al meglio il nuovo corso del The Good Growth Plan, molti relatori si sono succeduti sul palco. La prima parte della giornata, infatti, è stata dedicata a una contestualizzazione del quadro normativo e regolamentare scaturito dal Green Deal europeo e dalla sua applicazione concreta nel tessuto imprenditoriale agricolo italiano. A disegnare il quadro di riferimento i contributi dell’On. Paolo De Castro, Primo Vicepresidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale presso Parlamento Europeo, l’On. Giuseppe L’Abbate, Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, l’On. Filippo Gallinella, Presidente della XIII Commissione Agricoltura della Camera del Parlamento, Ersilia Di Tullio, Senior project manager Nomisma, e il Prof. Gabriele Canali, Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.

“L’agricoltura ha un ruolo centrale nel Green Deal europeo e quindi, nel momento in cui si parla di sviluppo di un’agricoltura sostenibile, è importante che si guardi con fiducia all’Europa come a un interlocutore consapevole che ha sempre dimostrato un’attenzione particolare per le peculiarità e necessità degli agricoltori di tutti i Paesi membri con uno slancio incessante per favorire l’innovazione in agricoltura”, con queste parole l’On. Paolo De Castro, Primo Vicepresidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale presso Parlamento Europeo, ha scelto di contestualizzare il tema della nuova politica europea e della strategia Farm to fork lanciata di recente.

Successivamente, il tema di residui, sicurezza e qualità ha animato una tavola rotonda che ha visto la partecipazione del Prof. Angelo Moretto, Università degli Studi di Padova, l’intervento video di Piero Mastroberardino, Presidente della cantina Mastroberardino, l’On. Giuseppe L’Abbate, Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, l’On. Fabio Rolfi, Assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia,  Matteo Lasagna, Vicepresidente nazionale di Confagricoltura, Riccardo Vanelli, Amministratore Delegato Syngenta Italia, e Giorgio Santambrogio, Amministratore Delegato VéGé Italia.

Il panel di relatori, stimolati dalla moderatrice Beatrice Mautino, si sono confrontati sul tema dei residui negli alimenti e sugli errori interpretativi e comunicativi che spesso accompagnano un argomento così importante per l’intera filiera agroalimentare e per i consumatori, sottolineando la centralità della qualità, salubrità e sicurezza alimentare dei prodotti italiani, ponendo poi attenzione sul tema delle certificazioni, e interrogandosi su come si debba trovare una voce comune lungo l’intera filiera per fare in modo che il lavoro degli agricoltori non perda di valore nella strada dal campo alla tavola e si possano evitare errori comunicativi che alimentino paure e incomprensioni invece di favorire una corretta e consapevole cultura del cibo.

Tra i vari interventi, emerge quello di Piero Mastroberardino, imprenditore vitivinicolo dell’azienda Mastroberardino: “La mia azienda fonda i suoi tre secoli di storia sulla difesa del territorio che la ospita e quindi nel tempo ci siamo necessariamente confrontati con vari protocolli sostenibili per valutarne la reale efficacia a prescindere dalla loro portata in termini di comunicazione. Tra questi, abbiamo analizzato con molta attenzione il protocollo ‘residuo zero’, reputandolo interessante a patto che si ponga attenzione alla definizione di ‘zero’. Questo non deve essere infatti inteso come ‘zero assoluto’, ma va interpretato razionalmente, come un obiettivo a cui tendere in un percorso che ci avvicina all’obiettivo. Di pari passo, anche le certificazioni andrebbero razionalizzate, perché si corre il rischio di abusarne e quindi renderle delle scatole vuote, facendo sì che perdano il loro valore in termini di difesa dell’ambiente. Personalmente, credo che la cosa più importante sia quella di perseguire l’equilibrio tra intervento umano, attività della pianta e preservazione del territorio e quindi del suolo".