Cambiamenti climatici: nuove strategie di contrasto
Temperature estive sempre più elevate e deficit idrici sempre più frequenti stanno influenzando le rese e la composizione delle uve. Le strategie di contrasto passano da una corretta gestione della coltura e del suolo
Gli effetti dei cambiamenti climatici si sono registrati anche nello specifico settore della viticoltura, il quale mostra significative modifiche nei cicli colturali e nelle risposte delle piante agli ambienti esterni, soprattutto nelle aree europee meridionali. Inverni sempre più miti ed estati sempre più calde hanno infatti indotto modifiche a carico della fisiologia e quindi degli stadi fenologici della coltura, impattando non sempre positivamente la qualità dell’uva.
Cicli colturali sempre più anticipati e composizione delle uve
Quanto alle fasi fenologiche, rispetto agli anni ’80, nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo si è registrato un anticipo del ciclo vegetativo compreso fra i dieci giorni e le due settimane, generando un conseguente anticipo anche nelle date di vendemmia. Le temperature estive più elevate innescano inoltre una serie di modifiche fisiologiche dell’uva, con una composizione che varia quanto a composti aromatici, zuccheri e acidità.
Queste variabili giocano un ruolo fondamentale nelle qualità organolettiche dei vini, quindi non è mai auspicabile un’alterazione nei loro equilibri ottimali. L’elevato irraggiamento e le temperature sopra norma possono per esempio aumentare la produzione di zuccheri, fatto che può essere guardato positivamente sino a quando non si generi uno squilibrio tra grado alcolico, profumi e aromi dei vini. Infine, anche l'aumento delle radiazioni UV favorisce l'accumulo nella buccia di composti fenolici, modificando in tal modo il mix di composti aromatici e dei loro precursori.
Sempre a causa delle alte temperature possono poi manifestarsi anche fenomeni di stress idrico capaci di ridurre le rese sia dal punto di vista quantitativo, sia qualitativo. Tali eventualità stanno aumentando nel tempo la necessità di irrigare i vigneti, in special modo nelle aree dell'Europa meridionale, ma anche in altre aree vitivinicole di pregio dell’emisfero australe, dell’Africa meridionale e delle Americhe.
Stress termici e idrici: le influenze sulla traspirazione fogliare
Quando la disponibilità idrica non riesce a soddisfare il normale tasso di traspirazione della vite si verifica una condizione più o meno grave di deficit idrico. Tradizionalmente, un leggero deficit idrico estivo viene collegato a una maggiore qualità delle uve, sebbene non sempre sia così. In caso di stress idrici significativi la vite può andare invece incontro a una visibile perdita di turgore dei tessuti, fenomeno che può andare a danno dello sviluppo degli acini. In tali condizioni viene infatti mortificata l’attività fotosintetica, impattando lo sviluppo degli acini in cui si generanno squilibri tra i diversi composti organici come acidi, zuccheri e composti fenolici.
Quando si verifichi tale evenienza, oltre a sostenere la coltura con le più opportune irrigazioni di soccorso, si può però intervenire direttamente sulla fisiologia delle piante somministrando a intervalli regolari specifici prodotti capaci di stimolare i processi metabolici a livello cellulare, ottimizzando al contempo l’efficienza dello sfruttamento della risorsa idrica grazie a un miglior controllo dell'apertura degli stomi.
L’importanza di una corretta gestione del vigneto
Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla vite possono essere mitigati anche cambiando l’approccio tecnico in tema di forme di allevamento della coltura, prestando al contempo massima attenzione allo stato di salute del suolo. In tal senso possono ricoprire un ruolo strategico le buone pratiche agronomiche che contraddistinguono l’agricoltura rigenerativa: un suolo equilibrato, ricco di sostanza organica e dotato di un elevato tasso di biodiversità sarà infatti il miglior alleato della vite nei momenti dell’anno in cui le temperature saranno particolarmente elevate e la disponibilità idrica scarsa.
Anche l’epoca di potatura riveste un ruolo da protagonista, con le potature tardive che si mostrano un grado di posticipare l’epoca di germogliamento e, di conseguenza, tutte le successive fasi fenologiche. Per iniziare le potature della vite è infatti necessario attendere che le piante siano in stasi completa, condizione che di norma negli areali italiani si verifica solo dopo la metà di dicembre.
Quanto a tempistiche, le potature dovranno quindi essere effettuate nelle ultime due settimane di dicembre, proseguendo poi per tutto gennaio. Per gli impianti in corso di allevamento o per quelli a potatura corta, invece, è possibile attendere anche il mese di febbraio. Potando con le piante in stasi completa si minimizzano inoltre i rischi di infezioni degli agenti del Mal dell’Esca.
Circa infine l’entità della potatura, questa dovrà essere posta in relazione alle condizioni con le quali le viti si sono presentate a fine stagione, lasciando sui tralci più o meno gemme al fine di stabilizzare al massimo le produzioni di anno in anno.